L’osservazione delle rotte marittime dice molto sulla storia degli uomini, dei loro scambi, e della loro volontà di potenza. L’espansione del commercio ha spinto l’uomo a conquistare gli oceani, le rotte si sono spostate e ampliate. Le potenze marittime hanno tracciato rotte, esplorato stretti e scavato canali in grado di cambiare i rapporti di forza globali. Fino a disegnare il mondo in cui oggi si muovono risorse naturali, manufatti e navi da guerra.

 

Introduzione

Uno degli argomenti dialettici della geopolitica è la contrapposizione tra potenze di terra e potenze di mare. Al di là delle semplificazioni che spesso caratterizzano questo approccio, di sicuro c’è che dietro la visione strategica di potenze terrestri e marittime c’è una concezione diversa – spesso opposta – di immaginare lo spazio, il diritto, la politica e la strategia per la conquista dell’egemonia. Se guardiamo alla storia moderna e contemporanea, vediamo che le potenze di terra come Russia, Cina e Germania hanno una vocazione spaziale possessiva, vocata al dominio diretto dello spazio confinante. Una concezione del potere produttivista e disciplinata, dove lo spazio vitale è spazio nazionale, destinato a scontrarsi inevitabilmente con in limiti dell’espansione territoriale.

Se invece guardiamo alle potenze di mare come l’Inghilterra, l’Olanda, la Spagna e successivamente fino ad oggi gli Stati Uniti, vediamo un approccio mercantile, una visione universale e un’attitudine coloniale. Una vocazione spaziale connettiva idealmente senza limiti, fondata sul controllo delle rotte commerciali e degli snodi e colli di bottiglia su cui queste fanno perno. Le potenze marittime hanno prodotto grandi aggregati transcontinentali unificati dal commercio, e il mondo che oggi definiamo “globalizzato” non è altro che questo: un grande aggregato transcontinentale di relazioni commerciali composta da navi che attraversano gli oceani, lungo rotte e colli di bottiglia oggi controllati direttamente o indirettamente dagli Stati Uniti, l’unica potenza in grado di attivarsi rapidamente in tutti i punti nevralgici dei sette mari. I trasporti aerei e le telecomunicazioni globali (grazie cavi che attraversano gli oceani) avrebbero meno significato senza questa interconnessione marittima.

Cenni storici

A partire dalla fine del XV secolo, la padronanza degli strumenti di navigazione e il progresso tecnico della costruzione navale hanno permesso agli europei di allontanarsi dalle loro coste per lanciarsi alla conquista degli oceani. Cristoforo Colombo tracciò una prima rotta transatlantica alla ricerca di un passaggio marittimo verso l’India, imbattendosi nel continente americano. Successivamente, fu il portoghese Vasco da Gama a trovare il passaggio verso l’India, costeggiando l’Africa occidentale e passando per il capo di Buona Speranza. Queste due rotte segnano l’inizio di una conquista oceanica che dalla fine del XVIII secolo collegherà commercialmente l’intero pianeta. Un secolo dopo, la costruzione di due enormi canali, Suez in Egitto e Panama in America centrale, intensificherà questo movimento e aprirà nuove rotte.

Nel 1869 il canale di Suez viene aperto alla navigazione. L’enorme progetto franco-egiziano collega il Mar Rosso al Mediterraneo, permettendo alle navi di compiere il viaggio dalla Cina alla Francia in 40 giorni contro i 50 della rotta che circumnaviga l’Africa. Un risparmio di tempo e denaro che ha ridato centralità al Mare Nostrum. Lungo 190km, il canale di Suez ospita più dell’8% del traffico marittimo mondiale ed è controllato dall’Egitto. Ancora oggi è un passaggio fondamentale, di recente è stato ampliato di 35km per raddoppiare la sua capacità di passaggio. Pochi anni dopo l’apertura di Suez, sono gli americani a lanciare un altro progetto di costruzione: il canale di Panama, che aprirà nel 1914 dopo circa 30 anni di lavori. Il passaggio collega l’oceano Atlantico e Pacifico, senza dover più circumnavigare tutto il Sudamerica passando da Capo Horn, permettendo così di risparmiare oltre 12.000km di tragitto. Il canale di Panama percorre 77km attraverso l’America centrale, vede transitare circa il 5% del commercio mondiale ed è stato anch’esso potenziato fino a raddoppiarne la capacità grazie a un complesso sistema di chiuse. 

Il mare oggi

La rivoluzione costituita dall’apertura di questi due giganteschi canali è stata accompagnata da un forte aumento del tonnellaggio delle imbarcazioni. Oggi su una nave vengono trasportate 100 volte più merci rispetto a un secolo fa. Ciò riduce i costi e piazza il commercio marittimo in testa rispetto a tutte le alternative, un primato impareggiabile che riguarda quasi il 90% del commercio mondiale. Oggi sono oltre un milione le navi che solcano le autostrade del mare. Si è passati da mezzo miliardo di tonnellate trasportate negli anni ’50 a circa 11 miliardi nel 2017, distribuiti come segue: 40% di prodotti sfusi, principalmente minerali e cereali, 32% di idrocarburi e 27% di merci.

Lo sviluppo del traffico marittimo e delle navi container ha contribuito alla crescita inarrestabile del commercio mondiale, che ha progressivamente abbandonato le rotte storiche che collegavano Europa e America attraverso l’Atlantico per orientarsi verso il Medio Oriente e l’Asia. Oggi a primeggiare nel commercio mondiale sono la Cina e i suoi vicini. Nel 2018 tra i primi venti porti commerciali globali, 15 erano asiatici di cui 9 cinesi. L’aumento delle merci e degli scambi trasportate via mare ha donato un grande potere ai paesi che controllano i colli di bottiglia – choke points – del mare, quei punti di passaggio obbligatori che se venissero bloccati interromperebbero l’intero traffico mondiale. Vista l’importanza che ha assunto l’interscambio tra Europa, Asia e Medio Oriente, oggi i passaggi più importanti sono lo stretto di Malacca e lo stretto di Hormuz.

Il passaggio più importante è lo stretto di Malacca. Situato tra l’Indonesia, la Malesia e Singapore, è larga solo 30km. Lo stretto è saturo, da solo concentra il 15-20% del traffico mondiale. Per la Cina il transito navale nello stretto di Malacca è questione di vita o di morte, da esso dipendono gli approvvigionamenti energetici e le esportazioni. La determinazione con cui Pechino promuove il progetto delle nuove vie della seta e punta al controllo del Mar Cinese Meridionale è dovuto proprio a questo, a controllare e trovare alternative a questo passaggio obbligato (argomenti trattati qui e qui).

Il secondo passaggio fondamentale è lo stretto di Hormuz, il vaso di Pandora geopolitico per eccellenza. Largo circa 30km, lo stretto controllato congiuntamente da Iran e Oman è il luogo in cui passa circa un terzo del petrolio mondiale. Oggi il libero transito di Hormuz è più importante per l’Asia che per l’Europa, ma in caso di grave crisi con le potenze occidentali l’Iran potrebbe prendere il controllo dello stretto destabilizzando il commercio mondiale, rendendo necessaria una reazione militare degli Stati Uniti, a quel punto chiamati a ristabilire davanti agli occhi del mondo la loro supremazia. Durante il 2019 diverse petroliere hanno subito attacchi attribuiti all’Iran, le tensioni per ora si sono attenuate ma possono riaccendersi in qualsiasi momento (argomento trattato qui).

Un altro passaggio obbligato nel Medio Oriente è lo stretto di Bab el-Mandeb, l’ingresso dall’oceano Indiano al Mar Rosso, quindi al canale di Suez e al Mediterraneo. Situato tra il Gibuti e lo Yemen, questo passaggio (anch’esso largo solo 30km) è teatro di tensioni a causa degli scontri tra i ribelli Huthi, sostenuti dall’Iran, e il governo yemenita, sostenuto dall’Arabia Saudita e dai separatisti del sud. Sull’altra sponda il corno d’Africa e la Somalia, paese instabile base dei pirati dell’età contemporanea. In mezzo a tanta instabilità, il piccolo stato africano di Gibuti ha fatto di necessità virtù offrendo a più Paesi stranieri la possibilità di insediare basi militari. Oggi a Gibuti ci sono basi di USA, Francia, Italia (con una base di supporto), Cina e Giappone.

Ai progetti di rafforzamento logistico e militare delle rotte esistenti e alla costruzione di alternative, si aggiunge l’apertura “naturale” delle nuove rotte marittime al Polo Nord. Negli ultimi 40 anni il riscaldamento globale ha ridotto la superfice della banchisa durante i mesi estivi, e aperto nuove rotte. La più spettacolare è la rotta transpolare che passa dal Polo Nord, inaugurata nel 2017 ma accessibile solo a potenti rompighiaccio (specialità della marina russa). Questa rotta si aggiunge ad altre due, precedentemente navigabili solo per poche settimane in estate: il passaggio a nord-ovest, lungo le coste americane, canadesi e groenlandesi (danesi), e il passaggio a nord-est, lungo le coste russe ormai accessibile da maggio a ottobre.

La Russia fa affidamento su questa rotta, che accorcia di un terzo il tempo di percorrenza tra Rotterdam e Shanghai. Se il riscaldamento globale dovesse continuare, la Russia si troverebbe in una posizione strategica nel commercio mondiale, rafforzando il rapporto strategico tra Mosca e Pechino. Questa rotta però passa attraverso stretti poco profondi che rendono la navigazione difficile, e manca di infrastrutture portuali adeguate a svilupparsi. Oggi, il transito riguarda principalmente il trasporto di LNG russo e l’interesse dei cinesi, che l’hanno inserito nel progetto delle nuove vie della seta (argomento trattato qui). Un’altra via con cui per Pechino cerca di eludere gli stretti di Malacca e Hormuz, soggetti al controllo americano in Medio Oriente e nell’Indo-Pacifico.

Conclusione

La contrapposizione tra potenze di terra e potenze di mare continuerà ad animare il dibattito sulla geopolitica, ma indubbiamente la competizione tra potenze è ancora una volta in mare che trova la massima espressione. Nonostante le guerre commerciali dichiarate dal presidente degli Stati Uniti, i rischi globali e i venti di de-globalizzazione, i numeri attuali e le previsioni ci dicono che il commercio marittimo cresce e continuerà a crescere. Anche il successo del progetto cinese delle nuove vie della seta dipende dalla conquista delle rotte marittime che corrono lungo il Rimland, non certo dalle linee ferroviarie che dovranno (o meglio: dovrebbero) correre lungo l’Eurasia. La rinnovata sintonia strategica celebrata il 24 febbraio da Donald Trump e Narendra Modi asse portante del concetto di Indo-Pacifico “libero e aperto” – dove per “libero” si intende dalla Cina, e “aperto” al transito commerciale – non fa altro che confermarlo: la partita geopolitica del secolo si deciderà in mare.

 

Fonte: https://www.geopolitica.info/la-geopolitica-delle-rotte-marittime/

Michele Zanatta